04 aprile 2019
Il piacere di lasciare traccia
“… Quando un sorriso emergerà con la stessa semplicità di una lacrima, di un momento di rabbia o di nostalgia, quando il bambino saprà fino in fondo che in noi c’è il vuoto sufficiente per accogliere ogni sua emozione e trovarne risonanza, allora vedremo veramente ogni segno ed ogni colore per quello che veramente sono senza giudizi e pregiudizi.A noi educatori tocca essere presenti: attenti, disponibili, accoglienti; a noi il compito meraviglioso di sostenere e dare sicurezza, ma anche di saperci stupire ….”( L.Mancini, Il linguaggio del colore, edizioni Junior, 2005)
Conoscere e possedere tutti i linguaggi, verbali e non verbali, usati sia per esprimersi sia per comunicare, portano alla costruzione e alla formazione di una personalità ricca ed articolata, in grado di analizzare e giudicare.
Già dalla nascita è presente, potenzialmente in tutti gli individui, la possibilità dell’uso di tutti i linguaggi che nascono e si sviluppano in maniera affine: come per la parola (dai primi suoni si passa all’articolazione di quelli più complessi e poi alla loro combinazione) così per il linguaggio grafico si passa dai primi segni base ad altri più complessi.
Lo sviluppo della traccia, come ha studiato Arno Stern, avviene per piani che si sovrappongono, in un ordine evolutivo non selettivo. Due gesticolazioni impulsive sono il punto di partenza:
Se dai Giruli abbiamo lo sviluppo della Figura Rotonda, dai Punctili si sviluppano prima linee parallele poi, con più sicurezza e precisione, il tratto diritto.
(rappresentazione dell'evoluzione: Giorgio, Alessandro, Miranda/ anni 3)
Le prime tracce infantili e spontanee maturano nell’impulso di “conquistare” l’ambiente circostante, nella scoperta sorprendente di modificarlo lasciando qualcosa di sé; una traccia confusa che, una volta riprodotta sul foglio, viene riduttivamente definita scarabocchio. Con la pratica, le abilità motorie migliorano, il gesto rallenta e diviene più controllato.
Di solito tutte le sperimentazioni che i bambini e le bambine fanno usando materiali che lasciano una traccia (un grosso pastello a olio, una matita dalla grafite molto morbida, un pennello dal manico corto da poter intingere nel colore e da poter spargere su ampi fogli) sono tenuti in poca considerazione dagli adulti. Le prime scoperte e le successive ricerche vengono scambiate per disattenzione o peggio ancora si immagina che i bambini e le bambine provino piacere “nello sporcare”; solo l’apparire di forme che richiamano alla mente adulta cose concrete, in qualche modo desta interesse. Generalmente, l’adulto non accetta di buon grado l’idea che attraverso quei segni (che per lui sono assolutamente incomprensibili) il bambino e la bambina possano già esprimere sensazioni stati d’animo gioie o paure. L’osservazione attenta dei bambini e delle bambine che utilizzano questo linguaggio “pittorico” insegna a dare il giusto risalto ad ogni tappa che essi pian piano raggiungono sperimentano e superano. Ogni passaggio è una grossa scoperta nata dalla sperimentazione diretta. Le prime scoperte avvengono con l’utilizzo di materiale che colora; il piacere procurato dall’apparire di queste tracce è altissimo e il/la bambino/a continua per molto tempo a verificare questa possibilità.
All’interno di queste sperimentazioni avviene l’associazione tra il piacere motorio di tutto il corpo che traccia combinato con gli effetti prodotti dal suo gesto di stendere il colore su una superficie.
Il bambino e la bambina scoprono i segni determinati dai propri gesti e si soffermano sempre più spesso ad osservarli con grande piacere visivo.
Da questo piacere nasce una vera e propria necessità di ripetere alcuni segni che prima venivano prodotti casualmente, imparando a controllare i gesti del proprio corpo. È questo il momento in cui il/la bambino/a individua, all’interno di una forma già tracciata, una sagoma che gli ricordi un oggetto a lui familiare; in seguito ci sarà il momento in cui cerca di ripetere questa sagoma volontariamente, senza insistenti pressioni da parte dell’adulto che vuole a tutti i costi trovare significato alle sperimentazioni che il/la bimbo/a sta facendo.
Inizia ora la fase di vera e propria progettazione delle forme dei colori e dei soggetti che il bambino vuole produrre.
(Emma, anni 4)