01 June 2025

Rigore o accondiscendenza? Prendersi cura con la CNV

La famiglia è considerata come la principale “agenzia di socializzazione primaria”, in quanto è il primo luogo di cura in cui i bambini acquisiscono il linguaggio, i valori, le norme e le credenze della propria cultura(*).

Tuttavia, in una società che è sempre più complessa, frenetica ed esigente, gli adulti si trovano spesso ad interrogarsi sul loro ruolo educativo: rigore o accondiscendenza?

Oggi vogliamo parlarvi di un’alternativa possibile, che non ha a che fare né con l’essere autoritari, né con l’essere permissivi. Si tratta di un atteggiamento empatico basato sui principi chiave della Comunicazione Nonviolenta, suggeriti da Rosenberg e di cui abbiamo parlato negli articoli precedenti.
Attraverso la CNV, un linguaggio che facilita l’espressione autentica di sentimenti e bisogni, l’adulto assume il ruolo di regolatore emotivo: riconosce, definisce e normalizza l’emozione che il bambino non sa ancora gestire, accompagnandolo verso ciò che è socialmente consentito, ma allo stesso tempo riconosce e definisce i propri sentimenti, proteggendo così il proprio equilibrio emotivo e la qualità della relazione. Va precisato, però, che la comunicazione comprende anche quella non verbale: la postura, la prossemica e tante altre piccole informazioni con cui è possibile trasmettere dei messaggi con il corpo e lo sguardo.
 
Per questo è importante che ci sia coerenza tra il detto e il non detto, facendosi portatori di un modello coerente e presente.
Crescere vuol dire apprendere, scoprire sé stessi, imparando ad accettare ed esprimere le emozioni in modo adeguato, vivere gli imprevisti, accoglierli e superarli.

Nella prospettiva di una CNV significa quindi evolvere in modo attivo ma allo stesso tempo coevolvere con l’adulto di riferimento.
Tutto ciò cosa comporta concretamente? 
Vuol dire essere mediatore attivo all’interno della relazione, mantenendo un atteggiamento riflessivo e consapevole: 

  • “Quali sentimenti sto provando ora?”
  • “Qual è il bisogno del bambino?”
  • “Quale messaggio voglio trasmettere?”
  • “Sto esprimendo attraverso gesti e parole una richiesta chiara?”

Questo tipo di comunicazione richiede esercizio ma è utile per permettere ai bambini di crescere con alternative diverse dal potere, dalla minaccia o dalla paura. Pertanto, sia attraverso punizioni che ricompense viene esercitata una forma di pressione, facendo leva sul senso di colpa o sulla richiesta di adeguarsi a un comportamento atteso. Attraverso la Comunicazione Nonviolenta nasce, invece, l’incontro tra persone che si fidano l’una dell’altra, un incontro profondo basato sul reciproco rispetto e sulla consapevolezza da parte dell’adulto che i bambini sono in realtà esseri umani
attivi, con dei bisogni e dei sentimenti propri, che crescendo provano a connettersi con altri essere umani.

Questa prospettiva non deve essere confusa con un atteggiamento accondiscendente.
La CNV, infatti, promuove empatia, ascolto attivo e rispetto, ma riconosce al tempo stesso l’importanza di limiti chiari e condivisi tra gli adulti di riferimento: i confini rappresentano una guida stabile e rassicurante, li orientano e li accompagnano verso una maggiore consapevolezza di sé e del mondo circostante. In questa prospettiva, il limite diventa occasione di crescita e comprensione reciproca: i bambini si sentono accolti e sostenuti anche nella fatica di accettare un “no”, in quanto accompagnati dall’adulto a dare un senso alla regola e alle proprie azioni.

Prendersi cura con la CNV significa quindi osservare in modo attivo e accertarsi sia dei propri bisogni che di quelli del bambino prima di intervenire. Significa accogliere in modo empatico le emozioni, dando loro un nome, facendosi portatore di un modello per imparare a gestirle e riconoscerle. Vuol dire comunicare in modo chiaro, invece di dare regole intermittenti o in contrasto con i propri gesti. Educare con la comunicazione Nonviolenta significa allontanare l’idea di un bambino passivo. Vuol dire accompagnare e offrire possibilità, invece di “sostituirsi”, imponendo soluzioni. Il prendersi cura si traduce dunque nell’offrirgli l’occasione di sperimentare e sperimentarsi, normalizzando l’errore che è umano e parte del processo stesso del proprio apprendimento. Così facendo può coltivare la resilienza attraverso lo sviluppo di un pensiero critico e riflessivo, volto all’accoglienza e al rispetto nei confronti di sé stesso e degli altri.






 
 
 
Note:
(*) Per semplicità espositiva, in questo articolo si utilizza il termine “bambino” e il suo plurale “bambini” in senso inclusivo, riferendosi indistintamente a bambine e bambini.

Bibliografia:
- Comune di Bergamo (2024), Bambine e bambini pensati. Riflessioni ed esperienze nei Servizi per l’infanzia di Bergamo, Homeless Book.
- Gordon T. (2001), Né con le buone né con le cattive, edizioni La Meridiana.
- Leu L. (2003), Manuale pratico di Comunicazione Nonviolenta, Esserci edizioni.
- Rosenberg M. B. (2005), Crescere i bambini con la CNV, Esserci edizioni.
- Rosenberg M. B. (2003), Le parole sono finestre oppure muri, Esserci edizioni.

 


 

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