02 settembre 2020

Essere genitore ai tempi del Coronavirus: qualche riflessione a partire dalle competenze psicologiche

Questa piccola rubrica nasce come strumento di riflessione e di condivisione per le famiglie che stanno affrontando insieme ai loro bambini/bambine un momento storico di grandi cambiamenti e complessità. 

La rubrica si articola in tre uscite:

la prima ha affrontato le ansie dei genitori soprattutto per quanto riguarda le conseguenze sui bambini/e piccoli/e (Leggila qui) ; la seconda ha affrontato il tema del tempo, come genitori e nel nostro rapporto con i bambini/le bambine: il tempo a casa, il tempo del lavoro (Leggila qui)

Oggi invece cercheremo di capire meglio cosa vuol dire decidere, o prendersi dei rischi, in relazione alle responsabilità nei confronti dei più piccoli. 

DECIDERE

Nella prima fase epidemica, di chiusura totale o quasi, i problemi erano sicuramente molti, ma la condotta era in qualche modo prescritta, non c’era bisogno di fare scelte individuali importanti, c’erano delle regole a cui adeguarsi. Oggi la situazione è molto diversa, e quello che ci viene costantemente ripetuto è che molto, rispetto alle possibilità di sconfiggere o almeno contenere il virus, dipende dalle nostre scelte individuali, dalla nostra capacità di mantenere le precauzioni necessarie. Quelle che prima erano attività scontate, per esempio andare a fare la spesa, adesso richiedono una serie di attenzioni che non ci saremmo mai aspettati di dover avere: entrare/non entrare in un negozio affollato, usare/non usare la mascherina, aspettare in coda a quale distanza… Allo stesso tempo, però, siamo in una condizione di totale incertezza rispetto a quali siano queste precauzioni necessarie. Dobbiamo prendere delle decisioni, fare delle scelte, senza avere ben chiare quali sono in realtà le regole del gioco: cosa è realmente pericoloso? Cosa può essere utile? 

Così scriveva a maggio una corrispondente USA dalla Francia: 

I governi continueranno ad emanare direttive sanitarie e a decidere come e dove riaprire le attività commerciali e le scuole. Ma milioni di persone dovranno prendere milioni di decisioni piccole e grandi su come condurre la propria esistenza quotidiana, trovando un equilibrio tra l'accettazione del rischio, la serenità mentale e la necessità di un reddito (Donadio, 2020, p. 30).

Ora la ricerca psicologica ci dice che le nostre decisioni non sempre (anzi, quasi mai) sono razionali, e quanto più è maggiore l’incertezza, cioè il non avere tutte le informazioni necessarie a decidere e quindi la decisione comporta di assumersi un rischio, tanto maggiore è l’esigenza di semplificare e di ridurre la decisione a una scelta semplicistica, che si assume in modo acritico: «non c’è nessun rischio per me perché …» oppure «non c’è modo di difendersi e tanto vale prendere le cose come vanno…».

Decidere quindi è difficile, e dobbiamo riconoscere che decidiamo e decideremo in una situazione di incertezza. Ma è ancora più difficile quando non decidiamo solo per noi stessi, ma anche per altri di cui siamo responsabili, i/le nostri/e figli/e. Quando, come genitori, decidiamo per i nostri figli/e, ci assumiamo un rischio, e questo non è facile da affrontare: rischiare noi adulti è un conto, mettere a rischio un bimbo/a piccolo/a è altra cosa. 

Mi spiego con un esempio: perché, al di là dell’evidente vantaggio, individuale e collettivo, delle vaccinazioni, c’è tanta polemica e tanta resistenza rispetto all’obbligo vaccinale? 

Quando decidiamo in merito alle vaccinazioni, lo facciamo in base a ragionamenti razionali, che riguardano l’insieme degli individui: la vaccinazione è meno rischiosa della malattia, serve a proteggere se stessi e gli altri (adesso sappiamo tutti cosa vuol dire “immunità di gregge”) e quindi è giusto accettare il minimo rischio che comporta. Quando però la vaccinazione ha delle conseguenze per quell’individuo (singolo) la decisione è controproducente, e per lui forse sarebbe stato meglio non vaccinarsi. 

Rispetto alla nostra realtà, l’idea che ci possano essere focolai e che vanno contenuti è ovviamente accettabile per la comunità, in quanto controbilanciata da altri aspetti positivi o da altre necessità da considerare, prima fra tutte la necessità di mantenere un equilibrio fra salute e controllo della situazione economica. Ma quanto è accettabile per il singolo che si ammala gravemente in quel focolaio?

Non sempre c’è una coincidenza automatica tra quello che è meglio per la collettività e quello che è meglio per quel singolo individuo: come genitori è però difficile assumersi attivamente il rischio, perché siamo noi a scegliere. Questo aspetto è importante che sia consapevole, nel momento in cui prendiamo decisioni per i nostri bambini e per le nostre bambine: qualunque sia questa decisione, non può essere esente da rischi, e sta nella nostra responsabilità di genitori decidere quale rischio è per noi accettabile. Non ci sono regole che ci rassicurino, né principi che possano dare una risposta sempre e comunque. 

Però possiamo tener presente alcuni orientamenti di base, che ci aiutino a superare l’incertezza nella direzione di una maggiore coesione sociale e corresponsabilità.

Il primo aspetto è quello della condivisione delle responsabilità. Una autocertificazione sul proprio stato di salute, come ormai è richiesta in moltissime situazioni, dall’asilo nido all’università, non è una pratica burocratica ma è il patto di corresponsabilità che ci lega agli altri: «Io mi fido di te sulla tua parola, come tu ti fidi di me sulla mia parola». 

Un altro aspetto, non meno importante, riguarda il fatto che non sono più solo decisioni individuali, ma perché nella nuova realtà le cose possano davvero funzionare occorre che diversi elementi si incastrino e si flessibilizzino. I nonni non potranno più essere il cuscinetto assoluto fra il lavoro e i servizi, occorrerà pensare a tutelare anche loro. I datori di lavoro dovranno accettare una certa flessibilità, negli orari o nel ricorso al telelavoro, perché questa flessibilità è richiesta ai genitori nell’utilizzo della scuola e dei servizi (orari scaglionati, chiusure per problemi di contagio, rigore nel controllo dello stato di salute dei bambini…). Soprattutto, sarà importante una decisione collettiva rispetto alla responsabilità sociale nei confronti delle nuove generazioni (un figlio non è un problema del genitore ma una risorsa della comunità) e delle donne, che dovranno essere maggiormente tutelate e dovranno essere garantite anche dal poter condividere la responsabilità genitoriale con l’altro genitore. 

Come ricorda Cyrulnik, storicamente i momenti di grande crisi (epidemie, guerre, …) sono stati anche momenti di cambiamento, in cui si sono aperte alternative di progresso sociale o al contrario di ricaduta in regimi autoritari: 

Avremo la scelta fra vivere meglio o subire una dittatura, che sia politica, religiosa, finanziaria, o legata all’iper-consumismo. Il dopo-catastrofe può essere benefico: nel Medioevo, alcuni commercianti trasmisero il bacillo della peste in Europa. In due anni, la peste uccise un europeo su due. Prima del 1348, gli aristocratici che possedevano le terre vendevano o compravano i servi della gleba. Dopo l’epidemia, a causa della penuria di manodopera, hanno dovuto trattare meglio i contadini, e la servitù della gleba scomparve in due anni. Ma il dopo-catastrofe può avere anche effetti malefici: dopo che la Germania fu umiliata nel 1918, i tedeschi non riuscirono a risollevarsi. Ed è arrivato uno pseudo-salvatore … nel 1933 è stato eletto, e ha provocato una catastrofe mondiale. […] Noi avremo la scelta di vivere in modo solidale, in un modo diverso: ridando la parola a molti di quelli che stiamo riscoprendo, i badanti, le infermiere, i fattorini, i netturbini… Se non lo facciamo, ci saranno dei candidati dittatori. (Cyrulnik, intervista a Ouest-France, 20 maggio 2020)

Possiamo impegnarci affinché anche questo momento di scelte difficili ci porti nella direzione di una realtà diversa per noi e per i nostri bambini e le nostre bambine. 

Bibliografia:

Donadio, R. (2020, maggio 8). Le scelte morali della fase due. Internazionale, 1357, 30–31.

Ouest-France. (2020, maggio 21). PODCAST. Boris Cyrulnik: « Il va falloir réorganiser une nouvelle façon de vivre ensemble ». Ouest-France.fr. https://www.ouest-france.fr/sante/virus/coronavirus/podcast-boris-cyrulnik-il-va-falloir-reorganiser-une-nouvelle-facon-de-vivre-ensemble-6842186