13 giugno 2024
“Educare significa mettere in relazione ciò che siamo con ciò che facciamo, sentiamo, pensiamo dove corpo e mente si alimentano reciprocamente per trovare uno stile, una postura, un approccio alla relazione di cui abbiamo tutti un gran bisogno” (Gamelli, Mirabelli, 2019).
Quando pensiamo al corpo del bambino e della bambina, spesso, siamo propensi contemplarlo separato dal pensiero e dalle emozioni; al contrario, il bimbo e la bimba, soprattutto nei primi mille giorni di vita, vivono e conoscono il mondo attorno a sé attivando contemporaneamente tutte queste parti, all’interno di una dimensione sensomotoria. Pertanto, il corpo e l’azione per loro sono un mezzo per trasformare e per trasformarsi ed essi necessitano della ripetizione che gli/le assicura la capacità di apprendere e di apprendere da solo sentendosi riconosciuto. L’azione, essendo conoscenza, porta il bambino e la bambina alla ripetizione che gli/le assicura la capacità di apprendere da solo/a, da sè e favorisce la curiosità intellettuale futura. Da qui, è estremamente legato il concetto di espressività motoria, intesa come «il modo attraverso il quale il bambino può manifestare il piacere di essere se stesso, di diventare autonomo e di esprimere il piacere di scoprire e conoscere il mondo che lo circonda» (Aucouturier, 2005).
Ciò che è innanzitutto interessante sottolineare è l’approccio di Emmi Pikler (pediatra austriaca vissuta nello scorso secolo) secondo la quale i bambini e le bambine, fin dalla nascita, scoprono l’ambiente circostante in modo attivo principalmente attraverso il loro corpo e che, se lasciati/e nella libertà di agire in un ambiente pensato e favorevole, vivono il loro percorso motorio attraversando tutte le tappe fino alla posizione eretta e anche oltre. L’azione nasce da una profonda esigenza di relazione con l’ambiente esterno e permette al piccolo e alla piccola di prendere coscienza del suo essere nel mondo trasformando se stesso e ciò che lo circonda rassicurandosi nei primi distacchi dalla figura genitoriale o da chi si prende cura di lui/lei. Non lo/la si sollecita né incoraggia ad assumere posizioni di nessun tipo; per questo motivo, ad esempio, non è opportuno tendere il dito affinché vi si aggrappi per tirarsi su e nemmeno metterlo/a a sedere, o spronarlo/a a compiere i primi passi. Queste interferenze producono in realtà delle controindicazioni sia sul piano della sicurezza che della qualità dei movimenti. Non si vieta o censura alcun tentativo spontaneo: bimbi e bimbe sono lasciati/e liberi/e di esercitare i movimenti che vogliono anche quando ciò significa agire competenze più semplici di altre già acquisite; infatti, un bambino/ una bambina che sa camminare deve esser lasciato libero/a di strisciare e gattonare se lo desidera.
E' quindi importante riportare e approfondire tutti quei giochi corporei (ma non solo) che il bebè sperimenta all’interno della sua giornata al Nido. Essi possono essere: giochi di dondolio, caduta, ricerca dell’equilibrio che permettono al bambino e alla bambina di trasformare il proprio corpo. Sono giochi con una funzione di rassicurazione e di mantenimento della propria unità corporea e di affermazione del sé. Da quando egli/ella inizia la propria verticalizzazione e, perciò, un primo reale allontanamento dalla madre, attua altri giochi come la corsa e le cadute che sono indice di maturità psicologica. Se è capace di cadere significa che dentro sé trattiene una sufficiente rappresentazione eretta. La caduta (dopo i 18 mesi) è un piacere ed è la prova di una separazione ben accettata e simbolizza il fantasma d’azione derivante dall’atto di cura dei genitori nel deporre il neonato nella culla, senza essere lasciato cadere. Tutto è mantenuto. La corsa, invece, aiuta il bambino e la bambina ad allontanarsi dai suoi familiari affermando la sua libertà, ma ributtandosi tra le loro braccia per dare loro una prova d’amore. Il dondolio, inoltre, è l’espressione del fantasma d’azione dell’oscillare derivato dalla traccia mnemonica riferita alle cure della mamma. Il piacere del salto in profondità compensa la perdita ed è l’espressione del fantasma d’azione del volare, in quanto vissuto di onnipotenza (soprattutto nei maschi dopo i 3 anni) verso i genitori e lo spazio circostante. Infine, il piacere di girare su se stessi o intorno ai genitori è l’espressione del fantasma d’azione di volteggiare e si riferiscono agli engrammi interiorizzati nella fase prenatale quando il feto si gira nella pancia della madre o nella fase neonatale quando il bebè viene girato durante la cura. Pertanto, i giochi di rassicurazione profonda, come sostiene Aucouturier, sono la base di un costruito e continuo costruirsi del sentimento di sicurezza affettiva che fa sì che il soggetto viva in uno stato di ben-stare e ben-essere in sé/per sé e con il mondo circostante in ambiente garante della sicurezza affettiva. Queste azioni sono una base sicura per rassicurarsi e per l’affermazione dell’identità corporea nella costruzione del sentimento di sicurezza. Lo sfondo di tale rassicurazione verrà data da interazioni su uno sfondo di stabilità, reciprocità, ripetizione, ritualità. Il gioco, quindi, rappresenta il mezzo fondamentale per avviare la rassicurazione, in quanto, in tale situazione il bambino può socializzare l’aggressività, contenere e controllare la sua ansia e gli stati di perturbazione emozionale molto forti e invadenti, ampliare l’esperienza e vivere regole e limiti trasformando il mondo affinchè sia assumibile (L. Moratto, 2012). In tali giochi ritroviamo quelli di piacere senso motorio. Ricordiamo, infine, che sono giochi universali che non dipendono dalla cultura o dal genere di appartenenza e vanno dai sei-otto mesi, ai due-tre anni, ma che si ritrovano anche oltre in alcune dinamiche di rassicurazione.
Gli spazi del movimento sono alternati a luoghi con proposte maggiormente finalizzate e altre destrutturate, ma che ritrovano in sé sempre il mezzo principale per permettere al bambino e alla bambina sia il processo di sviluppo cognitivo che sensomotorio. Alcuni esempi possono essere: lo spazio psicomotorio allestito in uno spazio abbastanza ampio a forma di ottagono, le proposte destrutturate dove il bambino si inserisce nel processo di libera cre-azione, la costruzione con legni di colore neutro e di grandezza adatta all’età e, infine, il gioco del travaso, infilo, appaio-scompaio, attaccare-staccare- i diversi suoni, materiali con diverse percezioni tattili e tutto ciò che riguarda il livello di simbolizzazione del linguaggio (lettura, brevi canzoni o filastrocche, i versi degli animali). Infine, è importante sottolineare come anche proposte maggiormente strutturate come l’incastro o l’infilo possano essere pensati con una base di rassicurazione profonda che sostenga il bambino sia da un punto di vista cognitivo (“la mano è l’organo dell’intelligenza”) che psicomotorio (il poter completare l’infilo); infatti, l’infilo dovrà essere fatto in modo che il bambino possa completare tutto l’abaco e nel poterlo finire troverà piacere e quindi sicurezza, l’incastro porta anch’esso piacere e senso di compiutezza.
In tutto ciò, funge un ruolo importante anche lo spazio dove il piccolo/la piccola vivono il tempo per agire le loro emozioni e il loro gioco. Prova piacere o dispiacere del movimento senso-motorio o del piacere propriocettivo della muscolatura. Avviene, pertanto, il processo di rassicurazione attraverso il corpo e il gioco: ”la sua sicurezza affettiva, la sua gioia di vivere nascono da questo (Szanto-Feder, 2011)”. All'interno della stanza dei nostri servizi, pertanto, troveremo anche proposte e spazi in cui il bambino e la bambina potrà passare a livelli successivi di simbolizzazione, soprattutto quando la scarica motoria lascia spazio a momenti di distensione o primissime differenziazioni. Può esprimere il suo immaginario, il suo vissuto, le proprie emozioni investendo il materiale diversamente dalla parte precedente e trasformandolo per il proprio fine o utilizzando proposte di gioco maggiormente finalizzate.