31 dicembre 2020
Il giardino segreto: luogo di contemplazione e di scienza
“Da quando sono nato, non ho mai preso un raffreddore. Sono sempre stato in giro per la brughiera con ogni tempo, come i conigli. La mamma dice che ho respirato troppa aria fresca, in dodici anni, per poter prendere il raffreddore. Sono robusto come il nodo di un ramo di biancospino.“ ( Burnett, Il giardino segreto)
Potrebbe sembrare un controsenso abbinare i due concetti di “all’aperto” ed “educazione”. Si pensa che “all’interno” vengano realizzati dei percorsi ordinati, mentre “all’esterno” sia il luogo della casualità; che all’interno si possa decidere cosa fare e all’esterno i bambini e le bambine possano fare quello che vogliono purché non si facciano male: all’interno c’è impegno, all’esterno c’è solo svago e movimento. (1)
Noi educatrici cerchiamo di lavorare avendo in mente un “giardino educativo”…il che non è un controsenso, ma rimanda ad una riflessione a monte: cosa è educazione?
Per noi educazione, riassunto in modo molto sintetico, è un modo di procedere principalmente per esperienze dirette e riflessioni piuttosto che per programmi lineari. È scoprire che in una castagna con il buco esce un bruchino bianco e grasso, come dicono i bambini e le bambine, e da lì…immaginarci una casa e poi iniziare a cercarne altri e credere insieme ai bambini e alle bambine che si stia costruendo una bella famigliola di bruchi bianchi.
Come si gestisce la vita all’aria aperta dipende dall’idea anche implicita che ne abbiamo.
Il bambino e la bambina sono i più grandi osservatori spontanei della natura ed essa ha, nei loro confronti, un forte richiamo, già a partire dai primi anni di vita.
Stare fuori, quindi, anche al nido diventa una possibilità per soddisfare un bisogno del bambino e della bambina, contribuendo così al suo benessere. Nello stare bene, nel provare piacere, nel benessere, nello stupore l’apprendimento trova terreno fertile in cui porre le proprie radici e prendere forma e nutrimento.
Il primo passo da fare per le educatrici che accompagnano i bambini e le bambine in questo percorso di crescita, è guardare il giardino, il “fuori”, con “occhi nuovi”, con “rinnovato incanto”, consentendo così agli spazi esterni di diventare luoghi di contemplazione e luoghi di scienza. Il bambino e la bambina, attraverso il gioco spontaneo, colgono la ricchezza e la bellezza del “fuori” e ne creano a loro volta con le piccole mani che raccolgono, scavano e cercano, i passi incerti e le gambe che corrono, gli occhi che osservano il dettaglio più piccolo e scrutano in lontananza.
Ogni stagione porta nel giardino cose nuove, esperienze diverse e una magia sempre degna di essere vissuta, in primavera come in inverno.
Riportiamo una tra le tante osservazioni che quotidianamente le educatrici fanno con lo sguardo rivolto ai bambini e alle bambine, il cui fare è sostenuto da adulti capaci di prendersi cura di loro e di rispondere ai loro bisogni, all’interno e all’esterno. Prossimamente pubblicheremo delle immagini che completeranno i nostri scritti non perdete i prossimi aggiornamenti….
Osservo, ricerco, ascolto e progetto: guardare i bambini e ritrovare l’incanto.
È una giornata uggiosa oggi, l’ambiente è umido, a tratti molto bagnato. Le foglie ricoprono gran parte dell’erba sottostante e qualche pozzanghera qua e là rende il giardino del nido ancora più interessante.
Il tempo, che agli occhi di un adulto non invoglierebbe ad uscire, non è un deterrente per alcuni bambini che, al contrario, sembrano non vedere l’ora di calzare stivali e giacca e potersi unire a ciò che il fuori può offrire loro.
La porta della sala è sempre semi aperta e tre bambini decidono di prepararsi per l’uscita. Escono.
La corsa sulla rampa di cemento è il primo luogo che verso cui si dirigono, salgono fino alla parte più alta e…”uno, due tre, viaaa!” dice Diego. La corsa inizia, spazia, tutti e tre muovono braccia e gambe quasi dovessero riempire lo spazio e prendersi tutto ciò di cui hanno bisogno.
Sempre insieme si avvicinano ai tre ceppi di diversa misura; Diego, in piedi su quello più alto, urla “sono altissimo!”, mentre Jonas. si prepara al salto “uno, due, dieciiii…salto!”.
Intanto Ester si avvicina molto incuriosita alle travi di legno poste a terra e passo dopo passo, con fare molto attento, sperimenta equilibri e disequilibri: “Guarda (rivolta a me) dove cammino!”. La guardo, la sostengo in questo momento per lei molto importante…c’è uno scambio di sguardi, le parole non servono.
Ester cade da una trave, inizia a rotolare (“rotolo, rotolo, rotoloooo”) e io mi chiedo quale sarà la sua sensazione: chissà cosa sta provando, cosa richiama in lei il sentire la terra umida sotto il suo corpo, sul volto, sulle mani.
Diego, trova nel suo percorso un grande sasso, lo prende con entrambe le mani dice “E’ pesantissimo, fa male”. Gli chiedo “perché fa male Diego questo sasso?”…”perché è taaaanto grande!”. Lo posa a terra e corre via.
Jonas nel frattempo è a terra, disteso a pancia in giù e gioca con le foglie, le tocca con le dita e poi con tutta la mano, le porta alla bocca, le annusa e dice “mmm che buona questa foglia”. Mi avvicino molto lentamente perché Jonas ha sempre avuto poco piacere nel toccare la terra, soprattutto se bagnata (“avrà bisogno di me?”…mi chiedo). Nel suo sguardo, però, vedo il benessere tanto cercato, la scoperta, la consapevolezza di esserci riuscito. Gli sto accanto, ma lui è molto concentrato e sento che la mia presenza non serve. Mi allontano.
Jonas si alza, prende la corda dal cestino, la tiene con due dita e si posiziona a metà rampa. La fa toccare a terra e dice “pesco!”. “Jonas cosa peschi?”, “Taaanti pesciolini”. “Ecco, preso”...tira la corda…la tiene a sé. Se ne va.
Va verso il roseto e a terra trova un bocciolo di rosa. Me la porta dicendo “Guarda, hai visto?”. “E’ un bocciolo di rosa che ancora è chiuso”, rispondo io. “Dorme, shhhh” sussura Jonas. Lo tocca, lo guarda, lo lancia, lo ritrova (“Eccolo qua!”). Toglie le foglie verdi attorno al bocciolo rosa, “Vediamo! Vera, apri questo” e me ne porge un altro trovato nelle vicinanze. Lo apriamo insieme e osserviamo che ci sono tante foglie rosa che sono chiuse tutte vicine le une alle altre. Jonas abbassa la voce e ripete “dorme!”. Si avvicina alle travi dove incontra Ester e Diego. Si siedono tutti e tre ed Ester esclama “fiuuuu fiuuuuu”; Diego la guarda, guarda me e a gran voce dice: “A caccia dell’orso andiamoooo”. Si alza a corre verso l’altra parte del giardino. Jonas lo segue e poi anche Ester. Si fermano nel sotto scala dove trovano una grata al muro. Diego dice “c’è l’orso!”, Ester “E’ buio!”, Jonas “mammaaaa”. “Andiamo via”, esclama Diego e corrono nuovamente verso la rampa.
(1) L’educazione al nido, a cura di A. Galardini, Carocci editore
Tutte le foto dell'articolo sono parte della documentazione educativa dei nostri servizi del Comune di Bergamo.